Descrizione
Avevo circa tredici anni. Mio padre tornò a casa e disse che era arrivato il momento di occuparci di Gianni.
Era un gigante Gianni. Alto quasi due metri, ma a me sembravano tre e nella mia mente è un film in bianco e nero. Gianni sembra oggi un ricordo lontano, ma era lontano anche quando c‟era. Era lo zio con problemi maniaco-depressivi che mi faceva paura. Aveva lo sguardo di chi conosce le cose, ma le ripeteva dentro di sé mica ce le diceva. Fumava e le ripeteva dentro di sé. Gianni non stava mai bene. Se stavamo da me voleva tornare a casa sua. Se stava a casa sua voleva uscire. Se era fuori voleva tornare dentro. Dentro e fuori è stata tutta la sua vita. Dentro casa. Dentro il Cim. Dentro la malattia. Dentro al dolore. Dentro ai pensieri. Dentro al fumo. Dentro la sua macchina. E fuori. Fuori da tutto quello che voleva. Non aveva pace Gianni. Ogni centimetro della sua pelle trasudava speranza di stare bene. Stare bene è stata la sua grande ricerca. Ma chi di noi non vuole stare bene? Nel 2001 Gianni si e tolto la vita sulla cima del Monte Subasio in Umbria. Quattro anni dopo, in una scatola di vecchi dischi, ho trovato tre cassette. Tre cassette dove Gianni ha inciso la sua voce, gridato i suoi desideri, cantato la sua gioia, espresso la sua tristezza, lasciato la sua eredità.
Le parole ritrovate di “Gianni”, diventate materia di uno spettacolo, ricevono fra il 2015 e il 2017 importanti riconoscimenti (il Premio Scenario per Ustica 2015, Premio In-Box 2016, Premio Museo Cervi - Teatro per la Memoria 2017). Emblematico come la sconfitta di uomo „qualunque‟ dimenticato e incompreso, che sceglie la morte come esito rivoluzionario, valga al contrario quella «grande vittoria» che la sua stessa voce perennemente in bilico fra ironia e sofferenza e l‟acuto ritratto di un‟epoca, avevano evocato