Vanitas
Memento Mori

Arte contemporanea


dal 03/gen/2025 ore 17:00 (UTC +01:00)
al 26/gen/2025 ore 14:00 (UTC +01:00)

Spazio Mostre di Palazzo Farnese - Piazza della Cittadella, 29, 29121 Piacenza PC, Italia

Quando

dal 03/gen/2025 ore 17:00 (UTC +01:00)
al 26/gen/2025 ore 14:00 (UTC +01:00)

Dove

Spazio Mostre di Palazzo Farnese
Piazza della Cittadella, 29, 29121 Piacenza PC, Italia

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Descrizione

Dal 3 al 26 gennaio 2025, Palazzo Farnese di Piacenza ospita “Vanitas - Memento Mori” , una mostra di arte contemporanea a cura di Rossella Farina, Pamela Marenghi e Tiziana Anna Paffile. 

Il tema del Memento Mori fonda le sue radici nell’antichità ma è col Barocco che arriva a toccare il suo apice, sotto forma di esortazione a vivere appieno il presente ma anche come monito a non farsi ingannare dalla superbia e dalla vanità. La natura morta, genere artistico tipico di questa epoca, pullula di immagini di teschi, gioielli, mappe, libri, cibo, tessuti, frutti, fiori recisi, clessidre, orologi, candele spente, strumenti musicali, bolle di sapone, specchi, che diventano simbolo dell’inesorabile trascorrere del tempo e dell’inutilità degli effimeri beni e piaceri terreni. 

Ma quali connessioni possono esserci tra tradizione iconografica della Vanitas e contemporaneità artistica? Da questa riflessione nasce il progetto dell’associazione culturale “Sine Tempore” , dove le opere esposte sono frutto dell’indagine personale di venticinque artisti contemporanei sul tema del Memento Mori, contestualizzato nel qui ed ora. 

Tramite l’esposizione si vuole quindi costruire un ponte tra passato e presente inserito, non a caso, nella prestigiosa cornice di Palazzo Farnese, grazie al Patrocinio del comune di Piacenza. L’allestimento, curato da Gianluigi Zoncati, unisce e porta in scena le singole espressioni degli artisti in mostra, diventando a sua volta un’opera concettuale, o meglio una suggestiva atmosfera capace di suscitare la stessa curiosità nei visitatori. 

L’inaugurazione si terrà venerdì 3 gennaio 2025 alle ore 17.00, con ingresso libero. 

L'esposizione è visitabile gratuitamente presso lo spazio mostre di Palazzo Farnese dal 3 al 26 gennaio nei seguenti giorni e orari: dal martedì al venerdì, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00, mentre il sabato e la domenica dalle 10.00 alle 18.00. Il lunedì la mostra è chiusa. In occasione delle festività la mostra sarà chiusa martedì 7 gennaio mentre lunedì 6 gennaio la mostra rimarrà aperta in via straordinaria dalle 10 alle 18. 

È possibile scaricare il catalogo digitale della mostra al seguente link: Catalogo Mostra.pdf

Per maggiori informazioni si consiglia di contattare gli organizzatori via mail a [email protected]

biglietto Biglietti
Prezzo unitario
Quantità

PROGRAMMAZIONE EVENTI

VENERDÌ 10 GENNAIO ORE 17,45

Apertura straordinaria del museo archeologico e visita guidata accompagnata dallo storico dell'arte Raimondo Sassi (si ricorda che il costo della visita dei musei civici è di 3 euro)

SABATO 11 GENNAIO ORE 16,30

CINEM'ARTE

Incursioni del cinema nella storia dell'arte.

Intervento di Enzo Latronico

SABATO 18 GENNAIO

"Non rinunciare alla nostra umanità è l'unica scelta possibile"

Giornata di sensibilizzazione in collaborazione con Emergency Piacenza

GIOVEDÌ 23 GENNAIO ORE 16,30

INTERVENTI SONORI

con Angelo Contini e Luigi Sgargi

SABATO 25 GENNAIO ORE 16 E 16,30

NAUFRAGIO DI ULISSE

Esibizione della scuola di danza ASD HAPPY DANCE Piacenza

Intervento di Antonio Iommelli, Direttore dei Musei civici di Palazzo Farnese e del Museo di Storia  Naturale di Piacenza, in data da definire e che verrà comunicata sui nostri canali.

presentazione di tiziana anna paffile

Prete: Ricordati che devi morire!

Mario: Come?

Prete: Ricordati che devi morire!

Mario: Va bene.

Prete: Ricordati che devi morire!

Mario: Sì, sì, mo’ me lo segno…

(dialogo tratto dal film “Non ci

resta che piangere”)



Da sempre l’Uomo si interroga sul significato della vita e sulla mortalità. Molteplici sono i filosofi e gli artisti che nel corso dei secoli si sono espressi sull’impermanenza e sulla finitudine di ogni cosa che ci circonda, compreso il nostro passaggio su questa terra. Il topos del memento mori è stato spesso presente nell’arte e nel pensiero in generale, toccando i suoi vertici col Barocco, sotto forma di esortazione a vivere appieno il presente ma anche come monito a non farsi ingannare dalla superbia e dalla vanità. Appurata l’importanza del tema in passato, la domanda che ci ha spinto ad elaborare questa mostra è stata: il memento mori è ancora un argomento attuale?

Nel suo recente libro “La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite” il filosofo tedesco Byung-Chul Han, uno dei più interessanti pensatori contemporanei, esplora proprio il problematico rapporto tra la società moderna e il dolore. L’uomo contemporaneo è terrorizzato dal dolore e dalla morte e pertanto bandisce e rimuove, grazie al progresso tecnologico, ogni debolezza fisica e psichica, morte compresa, nel nome dei valori imposti dalla società, ossia la performance e la felicità a tutti i costi. Il rischio per l’uomo moderno, secondo Han, è quello di condurre un’ esistenza anestetizzata, da “non morto”.

Un altro esempio di riflessione contemporanea sulla caducità della vita, in particolare sulla valenza del qui ed ora, è il recente film di Wim Wenders, “Perfect Days”. Il regista racconta la ripetitiva e monotona quotidianità del protagonista, invitando sottilmente a riflettere su ciò che dà realmente significato e valore all'eterno ritorno dell’uguale. Wenders pone l’accento sul saper cogliere la bellezza delle piccole cose, sulla capacità di sentirsi appagati e in contatto col proprio mondo interiore. Un film controcorrente, soprattutto nella nostra società dove l’uomo, in preda alla FOMO (Fear Of Missing Out) vive nella costante e frenetica ricerca di un qualcosa che manca, terrorizzato dalla paura di non vivere abbastanza prima di morire. La settima arte in questo caso sembra ricordarci quello di cui avevamo più bisogno, come si vive.

E come non citare infine il nuovo album dei Depeche Mode, intitolato niente popodimeno che “Memento mori”, pubblicato successivamente alla recente scomparsa di un membro della band.

Ma tutto ciò non riguarda solo artisti e pensatori contemporanei e di fama mondiale, ma anche ognuno di noi, persino quelli più smarriti nel fare quotidiano.

Infatti, chi può affermare di non essersi mai fermato a riflettere sulla mortalità? Nella mente e nel cuore dei più saggi di fronte a questo pensiero, consegue una malinconica accettazione, forse con un pizzico di pacifico fatalismo, ma molto più spesso è già tanto se riusciamo a giungere ad una bruciante e rassegnata consapevolezza. Non parliamo poi di quanti meccanismi di negazione ed evitamento siamo riusciti, noi poveri homo sapiens, a creare, per sfuggire alla nuda e cruda verità.

Prima o poi moriamo tutti. Stacce.

Noi ci stiamo, e ce lo siamo segnati per bene. E ogni partecipante, in base alla propria sensibilità, ha provato a ricordarci cosa significa morire (e vivere).

Tiziana Anna Paffile

presentazione di rossella farina

Affrontare il tema della “Vanitas” in un’esposizione di arte contemporanea, prevede necessariamente una breve introduzione storiografica. Notoriamente collocata in una temporalità ben definita (fine XVI sec. e XVII sec.), si manifesta iconograficamente con la “Natura Morta”, codificando una simbologia standardizzata che utilizza immagini di teschi, oro, gioielli, mappe, penne, libri, cibo, tessuti, frutti, fiori recisi, clessidre, orologi, candele spente, strumenti musicali, bolle di sapone, specchi, che stanno ad indicare l’inesorabile trascorrere del tempo, l’avvento della morte e l’inutilità degli effimeri beni e piaceri terreni.


Le radici di questo “genere” sono da ricercare in periodi più arcaici, come viene confermato dal gesuita Louis Richeome (1544-1625), che scrive di come fosse abituale, presso gli antichi egizi, mostrare uno scheletro durante i banchetti affinché i commensali potessero riflettere sul distacco dai piaceri del corpo.Anche nel mondo romano il “Memento mori” ha una particolare funzione moraleggiante: quando un generale rientrava nell’Urbe dopo un trionfo bellico, uno schiavo alle sue spalle pronunciava la frase “Respice post te. Hominem te memento” ( Guarda dietro te. Ricordati che sei un uomo), per allontanare la superbia. In epoca tardo medievale, diviene particolarmente importante la rappresentazione della “Danza Macabra”, in cui scheletri e uomini di ogni categoria sociale danzano insieme, non escludendo re, regine, imperatori e papi.


Ritornando al Richeome, interessante è come colleghi le imbandigioni delle scene di cucina e di mercato, che si diffusero verso la meta del XVI sec. e che ebbero tra i migliori interpreti Pieter Aerse, Joakhim Beukelaer e Vincenzo Campi, al monito sulle vanità della vita. Spesso, sullo sfondo di queste raffigurazioni vengono evidenziate storie evangeliche per sottolinearne l’intento morale.


Dalla fine del ‘500 e per l’intero periodo seicentesco, la rappresentazione della “Vanitas Vanitatum” occupa un posto di rilievo nel mondo artistico e la “Natura Morta” è lo strumento che viene utilizzato per prendere coscienza che tutto è destinato a finire. Siamo in un periodo di estrema incertezza. Si è appena conclusa la guerra dei Trent’anni, lo scisma religioso pone dubbi fideistici, imperversano le epidemie di peste. In questo scenario nascono nel Nord Europa le prime rappresentazioni di “Vanitas”. Partendo da questo ambito geografico, la “Vanitas Vanitatum” viene assorbita anche dai paesi controriformisti e trova una sua collocazione all’ interno della ricerca moraleggiante del nuovo spirito tridentino. La rappresentazione del “Memento mori”, con i suoi teschi e i suoi oggetti simbolici, conduce lo spettatore a riflettere sull’inutilità delle cose terrene meditando sul senso del proprio esistere.


Ma quali accostamenti e connessioni possono esserci tra tradizione iconografica della “Vanitas” (o Memento mori) e contemporaneità artistica?Una risposta hanno tentato di darla artisti come Andy Warhol. Damien Hirst, Tom Schaer, Jean Marie Gitarde (solo per citarne alcuni) .

Avendo conoscenza delle ricerche artistiche più recenti, si ritorna così ad esplorare il “Memento mori”, contestualizzandolo nel qui e ora attraverso le opere presenti in questa Collettiva. Venticinque artisti/e, con l’uso di differenti linguaggi espressivi, ( pittura, scultura, video, installazioni, grafica, fotografia) ci esortano a riflettere sulla nostra impermanenza. In un presente funestato da guerre, da crisi climatiche, da gravi cambiamenti di assetti geopolitici che inducono interi popoli ad emigrare, da destabilizzazione e senso d’impotenza, che viene (soprattutto nel mondo occidentale) esorcizzato nella ricerca di un’eterna giovinezza, da un antropizzare l’ambiente naturale per fini speculativi...l’arte può essere un eccellente mezzo per condurre un’indagine rigorosa e un’attenta riflessione collettiva sulla gravosa eredità che riceveranno le future generazioni.

Rossella Farina

presentazione dell'assessore christian fiazza

Il ricco e stimolante tema della “Vanitas”, rivisitato attraverso un innovativo percorso, prevede l’esposizione di oltre quaranta opere di autori che affrontano il tema della caducità della vita e l’essenza effimera delle vanità umane merita indubbiamente una riflessione. Ed è per questa ragione che abbiamo voluto, come Amministrazione Comunale, collaborare con l’Associazione Culturale Sine tempore per la realizzazione della mostra “Vanitas – Memento Mori” che dal 3 al 26 gennaio occuperà lo Spazio Mostre di Palazzo Farnese.

L’importante nucleo di opere esposte da una selezione di lavori di 25 artisti contemporanei il cui perno ruota attorno al tema del passaggio dalla vita alla morte, tra aldiquà e aldilà. Tutti gli artisti presenti in mostra con le loro opere, fanno il possibile per rappresentare la realtà, tenendo conto – come afferma Paul Klee, che “l’arte non sempre riproduce ciò che è visibile, ma spesso rende visibile ciò che non lo è. E forse esiste una duplicità semantica della “Vanitas” – la pittura, in genere di natura morta che ricorda che all’osservatore che il tempo si consuma e si estingue, come ogni piacere terreno – ; da un lato troviamo dipinti con esortazioni dirette alla sfera privata, attraverso “memento” iconici che avvertono della necessità di limitare la vita sensuale perché ogni cosa poi finisce e il cristiano si trova sguarnito, in azioni, pensieri opere – e con tante omissioni – davanti al giudizio eterno; dall’altra la pittura di “Vanitas” ha la funzione di ricordare – in un’epoca di forti verticalizzazioni del potere – che ogni uomo, per quanto egli detenga una posizione preminente sotto il profilo sociale deve essere consapevole, come tutti gli altri fratelli, che per tutti l’approdo è uguale. Ma allora che cos’è questo genere di arte, un’esortazione continua, una profonda riflessione che solo attraverso ciò che si crea è possibile dare risposte oppure un modo per far capire quanto sia difficile in questo nostro tempo sbandato, riscrivere concetti per un futuro migliore del presente? Tutto questo, credo, intanto le mie felicitazioni più sentite agli organizzatori.

Christian Fiazza

Assessore alla Cultura del Comune di Piacenza

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